All'epoca molte persone viaggiavano in corriera. Lenta fino all'inverosimile impiegava quasi un' ora per percorrere lo stesso tragitto che in macchina si faceva in venti minuti. Tutte quelle curve invitavano a viaggiare leggeri per non incorrere in malesseri improvvisi. Alcuni autisti erano particolarmente loquaci e le peripezie del malcapitato di turno, bersaglio delle loro chiacchiere, erano dunque di dominio pubblico fra gli altri passeggeri. Ognuno occupava un posto predefinito e mai sarebbe capitato di vedere la fazione di Stella S. Bernardo mischiata a quella di Ellera. Gli spazi vuoti abbondavano perchè si trattava di un veicolo enorme, incredibile come potesse avventurarsi per quelle stradine di montagna senza provocare incidenti. E così è stato. Poi sono arrivate loro a rompere gli equilibri. Erano cinque o sei, alcuni ne vedevano addirittura sette. Un giorno in cui pensavo di essere in ritardo e di aver perso la corriera, ho trovato l'autista intento a dispensare biglietti attraverso l'apparecchio manuale che di rado veniva usato e che, a quanto pare, gli stava creando parecchie difficoltà. "Strano"- ho pensato. Normalmente, gli abitanti del villaggio si riforniscono di biglietti dalla signora della tabaccheria. Ricordo di aver alzato lo sguardo e di essermi perso in una foresta di occhi chiari, di gradazioni che non esistevano in quei luoghi. Erano loro, le polacche, le sirene ammaglianti venute da lontano a turbare l'estate dei grandi e i sogni degli adolescenti che, come me, si affacciavano con curiosità e timore alla vita adulta.
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