E’ perfettamente inutile. Tra me
e i tasti del computer oggi c’è una distanza incolmabile. Non riesco ad
ingannare me stesso. Siamo nel 2013 e i cantastorie non esistono più. Ci sono
lavori che pretendono di essere creativi ma in realtà si esauriscono in processi
finiti e ripetitivi. La ricerca del sapere è vincolata da ciò che c’era prima e
da ciò che può essere dimostrato. Cantanti, registi e attori per sopravvivere
venderebbero l’anima al diavolo. Quanto a me, quando raggiungo questi stati in
cui mi accorgo che c’è molto da dire ma inevitabilmente mi blocco pensando che in quello che voglio esprimere non c'è alcuna connessione con la realtà circostante, in questi momenti vorrei tornare al villaggio ai
confini del mondo. Io provengo da lì. Vorrei sedermi attorno al fuoco e
ascoltare le storie degli anziani. Prima riuscivo a raggiungere quel luogo
facilmente nei miei sogni. Era dannatamente simile al paese dove sono nato,
nonostante le persone che lo abitavano provenissero da altrove. Lì mi sentivo
perfettamente a mio agio, al contrario che a casa. C’è solo una persona che
oltre a me ha conosciuto quel luogo. E il me stesso apprendista. Si è lasciata
trascinare via con me, incurante di chi ci scherniva e chi ci abbandonava per
strada. Ora è lontana, indaffarata ma non ha dimenticato. E insieme siamo
sempre lì sul bordo pronti a saltare. Io la amo perché conosce il mio posto
segreto.Ho tentato in tutti i modi di schiacciare la realtà banale e
riconquistare il mio posto ai confini del mondo. Sento il tepore del fuoco
amico e la voce roca degli anziani. Non esiste nient’altro che la parola. Non
ci sono televisori o dispositivi elettronici. Non ci sono uffici o scrivanie.
Ci sono persone che comunicano intorno al fuoco. E’ una lingua lontana,
dimenticata dal presente. Io sono me stesso solo lì. E il fatto di non poterci
tornare ora, mi rende dannatamene triste. Mi sono lasciato irretire dalla
lingua giapponese pensando fosse
la cosa più simile ai confini del mondo. Era avvolta nel mistero e profumava di
libri importati e rari. La realtà spigolosa si è smussata e si è trasformata in
qualcosa di accettabile. Mi sono rifugiato nel processo di apprendimento di
quella lingua e tutto appariva più sopportabile. Sono dovuto scendere a
compromessi per riuscire a digerire il mondo in cui vivevo. Il Giappone mi
aiutava da lontano come poteva. Era una realtà talmente insondabile da apparire
un luogo privilegiato, Ma il miraggio che qualcosa di simile al villaggio ai
confini del mondo potesse esistere nella realtà si è consumato progressivamente
al mio parallelo avvicinamento a Tokyo. Ho dovuto rivedere le mie posizioni e
le mie giornate sono diventate sempre più annacquate. Sono convinto che alcune
connessioni psicologiche attivino questo mondo lontano a cui appartengo.
Qualcosa che va al di là dello spazio e del tempo. Nei sogni non appare più.
Nei miei tentativi di evasione dalla realtà neppure. E’ vicino alla musica ora.
Il canale per accedervi sta lì nelle onde sonore. Vorrei svaporizzarmi e
diventare nota.
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